Founded Year

2020

Stage

Biz Plan Competition | Alive

Total Raised

$16.9M

Mosaic Score
The Mosaic Score is an algorithm that measures the overall financial health and market potential of private companies.

+34 points in the past 30 days

About Futura

Futura focuses on making education accessible through its artificial intelligence (AI)-based platform in the education sector. The company offers a personalized learning experience that adapts to individual student needs by analyzing past performance and targeting areas for improvement. Futura's platform is designed to optimize study time and improve test scores for a wide range of learners. It was founded in 2020 and is based in Milano, Italy.

Headquarters Location

Via Ripamonti 44

Milano, 20136,

Italy

3440174792

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Research containing Futura

Get data-driven expert analysis from the CB Insights Intelligence Unit.

CB Insights Intelligence Analysts have mentioned Futura in 1 CB Insights research brief, most recently on Aug 14, 2024.

Expert Collections containing Futura

Expert Collections are analyst-curated lists that highlight the companies you need to know in the most important technology spaces.

Futura is included in 2 Expert Collections, including Artificial Intelligence.

A

Artificial Intelligence

13,028 items

Companies developing artificial intelligence solutions, including cross-industry applications, industry-specific products, and AI infrastructure solutions.

E

Education Technology (Edtech)

3,429 items

These companies offer tech-enabled solutions that facilitate education and learning for people of all ages, from pre-K to adult and professional education.

Latest Futura News

Startup AI italiane: cosa serve per crescere davvero

Jul 21, 2025

Startup AI italiane: cosa serve per crescere davvero Cittadinanza digitale Indirizzo copiato Il mercato AI in Italia è in espansione ma sconta limiti strutturali. Le startup italiane faticano ad emergere in un sistema ancora poco coordinato e scarsamente competitivo a livello globale Pubblicato il 21 lug 2025 Web Writer & cofounder di Pandant Da tecnologia di frontiera, confinata perlopiù a laboratori di ricerca, l’intelligenza artificiale è diventata parte della nostra quotidianità e ha già rivoluzionato industrie, abitudini e modelli, riscrivendo le regole del lavoro, degli investimenti e della geopolitica. L’ascesa globale dell’AI e il posizionamento italiano Le big tech americane e cinesi si sfidano a colpi di miliardi (40 miliardi sono solo quelli destinati a OpenAI nell’operazione record di quest’anno [1] ). Secondo Statista [2] , il mercato globale dell’AI raggiungerà i 243 miliardi di dollari entro la fine del 2025, per poi toccare 826 miliardi nel 2030, con un tasso annuo di crescita del 26%. In Europa, le stime sono anch’esse in forte crescita: si parla di un mercato da 61 miliardi nel 2025, che diventeranno oltre 209 miliardi nel 2030. Anche in Italia la direzione è chiara: nel nostro Paese il comparto AI vale circa 5 miliardi di dollari oggi e potrebbe superare i 17 miliardi entro il 2030. Ma se l’intelligenza artificiale è ovunque, è altrettanto evidente che la sua distribuzione non è omogenea: alcuni ecosistemi sono più maturi, altri ancora in fase di consolidamento. In questo scenario, l’Italia si trova in una posizione ambivalente: ricca di competenze e di ricerca, ma ancora troppo timida nello sviluppo di tecnologie proprietarie e nella capacità di attrarre capitali strutturati. L’Europa dell’AI: numeri, capitali e startup in ascesa Secondo i dati di Dealroom [3] , le startup AI europee hanno raccolto circa il 55% di capitali in più rispetto all’anno precedente. Un dato che racconta una dinamica in forte crescita, ma che nasconde una verità: l’Europa, pur essendo un grande laboratorio di ricerca, raccoglie solo una fetta minoritaria degli investimenti globali. In particolare, nel primo trimestre del 2025, le startup nel settore dell’intelligenza artificiale hanno raccolto il 25% di tutto il capitale di venture capital in Europa, un aumento significativo rispetto al 7% di dieci anni fa. Questo balzo riflette la crescente rilevanza della tecnologia in numerosi settori, con le startup europee dell’AI che hanno raccolto 3,4 miliardi di dollari – il secondo totale trimestrale più alto di sempre, superato solo dal primo trimestre del 2022, e in crescita del 55% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’intelligenza artificiale applicata alla scoperta di nuovi farmaci si è affermata come il segmento principale, con investimenti pari a 949 milioni di dollari, mentre la tecnologia industriale ha attirato 669,3 milioni di dollari. Le startup più finanziate nel continente riflettono però una strategia chiara: infrastrutture proprietarie, linguaggi open source, modelli specializzati per settori strategici come la salute, la produttività e il legaltech. Tra queste emergono nomi [4] come Mistral AI in Francia, specializzata in modelli generativi open source; Black Forest Labs in Germania, che sviluppa strumenti creativi basati su AI per l’elaborazione di immagini; Granola nel Regno Unito, che punta sull’AI per la produttività professionale; la spagnola Luzia, che porta un assistente virtuale integrato su WhatsApp, e la svedese Legora, che sta innovando il settore legale con modelli di intelligenza artificiale per la revisione automatizzata dei documenti. Le migliori startup AI italiane oggi: innovazione silenziosa In Italia qualcosa si sta muovendo. Startup italiane stanno conquistando spazi di mercato , anche se ancora troppo spesso rimangono invisibili all’ecosistema globale. Ne segnaliamo almeno dieci che meritano attenzione, sia per la qualità dell’innovazione proposta, sia per la solidità dei team e dei modelli di business: Aiko, con sede a Torino, sviluppa sistemi autonomi per missioni spaziali, usando l’AI per coordinare satelliti e moduli orbitanti. AIM, da Modena, ha ideato un sistema di manutenzione predittiva per l’industria manifatturiera, basato su algoritmi di deep learning. Axyon AI, fondata a Modena, offre modelli predittivi per gli asset manager, integrando AI e finanza quantitativa. Eoliann, startup torinese, utilizza dati satellitari e machine learning per valutare l’impatto economico degli eventi climatici estremi. Faire.ai, da Milano, sfrutta l’open banking per valutare i profili di rischio dei consumatori con strumenti di AI accessibili. Futura, startup edtech, ha sviluppato una piattaforma che personalizza lo studio scolastico grazie a modelli di apprendimento adattivo. Lexroom, legaltech che utilizza l’AI generativa per automatizzare la redazione di atti legali e documenti giuridici. Renewcast, applica l’intelligenza artificiale per migliorare le previsioni di produzione eolica su scala europea. Vedrai, con sede a Brescia, costruisce assistenti virtuali per le PMI capaci di simulare l’impatto delle decisioni aziendali. Purilian, con sede a Roma, offre un servizio di musica generata da AI per attività commerciali, risolvendo il problema delle licenze. Le criticità dell’ecosistema per le startup AI italiane L’Italia non difetta di competenze. I nostri atenei, i centri di ricerca pubblici e privati, e i percorsi formativi avanzati generano ogni anno sviluppatori, data scientist, matematici e ingegneri capaci di confrontarsi a livello internazionale. Numerosi talenti italiani lavorano già oggi in alcune delle più importanti aziende tecnologiche del mondo o partecipano a progetti di ricerca d’avanguardia. Eppure, tutto questo potenziale rischia spesso di disperdersi o di non trovare pieno riconoscimento all’interno del nostro sistema Paese. Il nodo non è (solo) formativo. Ciò che continua a mancare è una piena consapevolezza strategica del ruolo che l’intelligenza artificiale può e deve assumere nei processi di sviluppo economico e industriale. Il mercato italiano dell’AI, pur crescendo in valore, è ancora troppo spesso un mercato di adozione passiva, in cui imprese e istituzioni si limitano a implementare strumenti e tecnologie sviluppate altrove. Ciò significa rinunciare a una parte importante della catena del valore: quella legata alla progettazione di nuovi modelli, alla proprietà intellettuale, all’export tecnologico. Le cause di questo fenomeno sono molteplici e in buona parte note. Innanzitutto, pesa la frammentazione delle risorse, soprattutto quelle pubbliche. I bandi e i fondi destinati all’innovazione sono spesso dispersi in mille rivoli, con procedure burocratiche lente e poco orientate alle esigenze reali delle startup. A ciò si aggiunge una limitata disponibilità di capitale di rischio orientato al lungo termine, che penalizza soprattutto le imprese deep tech e quelle impegnate nello sviluppo di tecnologie proprietarie. Un altro nodo strutturale riguarda la debolezza delle connessioni tra ricerca, impresa e pubblica amministrazione. Il sistema italiano, salvo poche eccezioni, non riesce ancora a generare quelle sinergie virtuose che in altri Paesi (Francia, Germania, Paesi Bassi) alimentano l’innovazione su scala nazionale. L’università dialoga poco con le PMI; i centri di ricerca faticano a trasferire tecnologia; la pubblica amministrazione è spesso più spettatrice che motore di trasformazione. La cultura dell’AI e il rischio di restare follower E poi c’è un tema culturale. Troppo spesso, nel dibattito pubblico e anche in molti ambienti imprenditoriali, l’intelligenza artificiale viene ancora considerata una tecnologia di supporto — utile per ottimizzare, per automatizzare, per velocizzare. Ma l’AI non è soltanto questo. È una leva di ripensamento profondo dei modelli organizzativi, dei flussi decisionali, delle strategie di prodotto e di mercato. L’intelligenza artificiale cambia non solo come si lavora, ma che cosa si produce, con quali obiettivi, in quali settori. Trattarla come una “feature” da integrare, e non come un cambio di paradigma, significa perdere l’occasione di guidare l’innovazione anziché subirla. In sintesi, all’Italia non manca il talento. Mancano le condizioni strutturali e culturali per farlo crescere in casa, e per far sì che la prossima grande piattaforma, il prossimo modello fondazionale, o la prossima rivoluzione di prodotto, non nascano a San Francisco o a Tel Aviv, ma magari a Bologna, a Napoli, a Torino o a Palermo. Cinque strategie per rilanciare le startup AI italiane Perché l’Italia possa davvero giocare un ruolo da protagonista nella nuova economia dell’intelligenza artificiale, non bastano annunci o iniziative isolate. Servono scelte coraggiose, visione strategica e un coordinamento efficace tra attori pubblici e privati. Le sfide sono complesse, ma le opportunità sono enormi, e il nostro Paese ha tutte le carte in regola per coglierle. Cinque, in particolare, sono le leve strategiche su cui occorre agire con decisione. Lo sviluppo di un’intelligenza artificiale europea indipendente La prima è lo sviluppo di un’intelligenza artificiale europea indipendente. Non possiamo continuare ad affidarci esclusivamente a tecnologie e modelli sviluppati da giganti americani o cinesi. È necessario investire in infrastrutture digitali e modelli proprietari su scala continentale, per costruire un’AI che rispecchi i valori europei, garantisca la sovranità tecnologica e sia al servizio delle nostre specificità economiche e culturali. L’integrazione dell’AI nei settori strategici La seconda leva riguarda l’integrazione dell’AI nei settori strategici per l’Italia. Pensiamo all’agroalimentare, alla manifattura, alla logistica, alla moda: sono comparti che ci rendono unici al mondo e che possono essere potenziati dall’uso intelligente dei dati e degli algoritmi. Serve però una strategia di sistema, in linea con il paradigma dell’Industria 5.0, che valorizzi la componente umana e promuova innovazione sostenibile. Un quadro normativo chiaro, ma anche agile Terzo punto: serve un quadro normativo chiaro, ma anche agile. Le regole sono fondamentali per proteggere i cittadini, garantire trasparenza e responsabilità. Tuttavia, non devono diventare un ostacolo all’innovazione, specialmente per le startup e le PMI. Occorre definire linee guida semplici, ma efficaci, capaci di offrire certezze senza soffocare la sperimentazione. Investire seriamente nelle competenze Quarta leva: investire seriamente nelle competenze. L’Italia vanta ottime università e centri di ricerca, ma troppo spesso manca il collegamento diretto con il mondo produttivo. È indispensabile creare ponti tra formazione e impresa, incentivare l’upskilling continuo e favorire la contaminazione tra discipline scientifiche, tecnologiche e umanistiche. Promuovere sinergie reali tra pubblico e privato Infine, è fondamentale promuovere sinergie reali tra pubblico e privato. I fondi pubblici devono agire da volano per attrarre capitali privati, non sostituirli. Solo così si possono costruire ecosistemi dell’innovazione robusti, sostenibili e capaci di generare impatto reale sul territorio. Note

Futura Frequently Asked Questions (FAQ)

  • When was Futura founded?

    Futura was founded in 2020.

  • Where is Futura's headquarters?

    Futura's headquarters is located at Via Ripamonti 44, Milano.

  • What is Futura's latest funding round?

    Futura's latest funding round is Biz Plan Competition.

  • How much did Futura raise?

    Futura raised a total of $16.9M.

  • Who are the investors of Futura?

    Investors of Futura include StartupItalia Open Summit – SIOS, United Ventures, Eurazeo, Axon Partners Group, Vento and 8 more.

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